Di Fabio Perissinotti: allenatore FIDAL (Livello2), Allenatore Atletica CERESIO, Laurea in Scienze dello Sport, Master in Fisioterapia dello Sport.
Da Acido Lattico a Lattato
Sul campo sentiamo normalmente parlare di Acido Lattico (AL) ma quando viene il momento di misurare il termine diviene di lattato e, naturalmente, non si tratta di un errore!
L’Acido Lattico (C₃H₆O₃) è un Acido debole che nell’ambiente acquoso cellulare, a pH fisiologico (≈7,4), si dissocia quasi completamente in due ioni: Ione Lattato (negativo) e Ione Idrogeno (positivo). Il termine “Acido Lattico” è rimasto in uso per tradizione storica, ma è improprio dal punto di vista biochimico.
Lo Ione Idrogeno (H⁺) è responsabile dell’abbassamento del pH e dell’affaticamento muscolare, ma sua misurazione è però poco agevole e richiederebbe campioni muscolari (biopsie) o strumenti invasivi per monitorare il pH intracellulare.
Si procede perciò alla misurazione del Lattato (LA-) che è invece piuttosto facile da campionare: basta una goccia di sangue capillare (dito, orecchio) e un analizzatore portatile. LA- è in definitiva un Indicatore indiretto della concentrazione di e H⁺, in quanto entrambe sono prodotti nella glicolisi anaerobica, anche se non perfettamente accoppiati). In sintesi: gli H⁺ sono i “colpevoli” della fatica, il lattato è il “testimone facile da interrogare”.
Parametro | Lattato | Ioni H⁺ (pH) |
---|---|---|
Origine | Prodotto finale della glicolisi anaerobica | Derivano dall’idrolisi dell’ATP e dai processi metabolici |
Legame con la fatica | Indiretto: il lattato è solo un marcatore | Diretto: l’accumulo di H⁺ abbassa il pH e limita la contrazione muscolare |
Misurazione | Facile, con goccia di sangue e analizzatori portatili | Difficile: richiede biopsie muscolari o misure invasive |
Interpretazione | Buon indicatore dello stress metabolico e delle soglie (LT1, LT2) | Più preciso ma poco pratico, variabile tra muscolo, sangue e tessuti |
Utilità pratica | Altissima: test da campo, programmazione allenamenti, monitoraggio adattamenti | Bassa: utile solo in laboratorio di ricerca |
Pro | Non invasivo, rapido, standardizzato, costo ridotto | Misura diretta del fenomeno che causa fatica |
Contro | Non misura direttamente l’acidosi, può variare con il trasporto del lattato | Invasivo, complesso, non applicabile sul campo |
Quando misurare il lattato nell’atleta?
Il timing di misurazione capillare del Lattato dipende dal tipo di prova che sta eseguendo l’atleta. Per esempio, se effettuiamo sul Tapis Roulant o sulla pista il classico test a step incrementali, la misurazione può avvenire al termine di ogni singolo step, tenuto conto che gli step non devono essere lunghi almeno 4-5 minuti per permettere il raggiungimento dello Steady State metabolico. In pratica, a fine step l’atleta si ferma, misuriamo rapidamente il lattato e si riparte per lo step successivo, fino al termine del test. In questa maniera si ricavano le due soglie: prima soglia a 2 mmol di Lattato (aerobica) e seconda soglia a circa 4 mmol di Lattato (anaerobica), grazie alle quali si stabiliranno i ritmi gara e nelle fasi di re-test si potranno monitorare gli adattamenti dell’atleta dopo l’allenamento.
Se misuriamo invece il lattato dopo una prova lattacida strenua, tipo un 400-800 metri in pista, occorrerà lasciar passare almeno 3-5 minuti prima della misurazione. Questo tempo serve affinchè il Lattato prodotto all’interno delle fibre muscolari si riversi nell’interstizio e sia assorbito a livello capillare. Alcuni atleti raggiungono il picco del Lattato anche dopo 8-10 minuti, per cui è consigliabile effettuare più di una misurazione. Nelle prove intense sub-massimali, tipo i 3000-5000 metri, l’equilibrio tra lattato intramuscolare e capillare è raggiunto durante la prova stessa, per cui si può procedere al prelievo immediatamente dopo la prova.