Di Fabio Perissinotti: allenatore FIDAL (Livello2), Allenatore Atletica CERESIO, Laurea in Scienze dello Sport, Master in Fisioterapia dello Sport.
Quando va specializzato il giovane atleta?
La questione della specializzazione precoce nello sport, e nell’atletica leggera in atletica in particolare, rimane aperta.
Le esperienze e i pareri degli allenatori sono spesso contrastanti, legati a convinzioni personali, e la scienza non risolve del tutto la questione.
Che cos’è la specializzazione precoce nello sport?
La specializzazione precoce è normalmente definita come la pratica di uno sport unico o primario durante l’infanzia, dai 5 ai 12 anni, con volume e intensità di allenamento relativamente elevati e partecipazione sistematica a competizioni e tornei.
Fin dalle esperienze dei paesi dell’ex blocco sovietico e dagli studi di Ericsson e al. (1993), solo in parte confermati nel ventennio successivo, esisterebbe un rapporto positivo tra volume di pratica specifica (pratica deliberata) e prestazione sportiva, che spingerebbe quindi nella direzione della specializzazione precoce. È bene però sottolineare che questi studi contengono numerosi vizi metodologici che ne limitano l’attendibilità (Baker e al., 2003; Baker, 2017) e che lo stesso Ericsson ha invitato ad un’interpretazione più cauta e moderata delle sue ricerche.
Un’ampia disamina della letteratura in materia di specializzazione precoce effettuata da Iussurin (2018), ha evidenziato come le conclusioni siano molto contrastanti tra loro e come questa scelta dovrebbe essere orientata soprattutto in funzione della specifica disciplina sportiva presa in considerazione. Così, per esempio, in alcuni sport a prevalenza tecnico-acrobatico-coordinativa e fortemente influenzati dal rapporto peso/potenza, come ginnastica artistica e ritmica, pattinaggio artistico e tuffi, la specializzazione precoce, a partire dai 5-6 anni d’età, si sarebbe dimostrata un elemento altamente predittivo per i futuri successi agonistici (Law e al., 2007). Occorre però rimarcare come questi programmi vincenti di specializzazione precoce fossero sempre accompagnati da un’attenta programmazione dei carichi e da un costante monitoraggio medico-sanitario, per evitare sovrallenamento, bornout e infortuni (Iussurin, 2018). Detto ciò, diversi specialisti hanno osservato come una specializzazione precoce possa facilmente comportare problematiche rilevanti come sovrallenamento, aumento degli infortuni, monotonia, calo della motivazione, isolamento sociale, diminuzione delle prestazioni scolastiche e abbandono precoce dello sport (Iussurin, 2018, Baker e al., 2017).
Specializzazione in atletica leggera
Nell’atletica leggera, una recente ricerca ha dimostrato che solo il 9% degli uomini e il 13% delle donne che si sono classificati tra i primi 20 come atleti senior del Regno Unito sono stati classificati tra i primi 20 come under 13 (Kearney & Hayes, 2018). Questa tendenza è presente anche negli sport olimpici come nuoto, pallavolo e judo, dove meno del 30% degli atleti internazionali juniores sono passati a competere a livello internazionale a livello senior (Barreiros et al., 2014).
Il problema della selezione precoce si accompagna a quello della futura deselezione dei talenti non espressi che, se mal gestita, può avere impatti psicologici molto negativi sui giovani atleti. La ricerca ha evidenziato che gli atleti deselezionati hanno riferito di mettere in discussione la propria identità, la propria abilità come atleti e il ruolo dello sport nelle loro vite dopo la deselezione (Neeley et al., 2018, in Collins e MacNamara, 2022). Tuttavia, la deselezione può aprire per gli atleti nuove porte in altri sport o comunque essere un elemento spronante per lo sviluppo personale, sociale e lavorativo (Williams e MacNamara, 2020, in Collins e MacNamara, 2022; Neeley e al., 1018, in Collins e MacNamara, 2022).
Il parere del CIO
Vale la pena ricordare la dichiarazione di consenso del Comitato Olimpico Internazionale sullo sviluppo atletico dei giovani (Bergeron et al., 2016, in Baker e al., 2017) nella quale si afferma che “i giovani dovrebbero evitare la specializzazione precoce, poiché l’esposizione atletica diversificata e il campionamento sportivo migliorano lo sviluppo e la capacità atletica, riducono il rischio di infortuni e aumentano l’opportunità per un bambino di scoprire gli sport che gli piaceranno e in cui forse eccellerà”. In contrasto con questa posizione del CIO, possiamo notare che in molti Paesi, dove lo sport è tenuto in massima considerazione, di fatto avviene il contrario (Baker e al., 2017).
Il problema della bassa qualità della letteratura scientifica dalla quale trarre conclusioni rimane primario, e in tal senso per migliorare questa situazione occorrerebbe: aumentare il numero di studi di ricerca condotti; raccogliere in dati in maniera più completa e standardizzata; avere maggiore controllo sulle variabili indipendenti e, non ultimo, utilizzare metodologie di ricerca nuove e maggiormente solide (Baker e al., 2017).
Estratto dal testo: Il talento sportivo, di Fabio Perissinotti (Youcanprint Edizioni)
Bibliografia nel testo.