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Superiorità genetica keniana: mito o realtà?

I corridori keniani vincono perchè sono superiori geneticamente?

A cura di: Fabio Perissinotti
Allenatore Atletica CERESIO, Laurea in Scienze dello Sport, Master in Fisioterapia dello Sport.

La superiorità degli atleti della Rift Valley nelle gare di endurance rappresenta un caso emblematico nella riflessione sul talento sportivo. Numerosi studi hanno cercato di spiegare questo fenomeno con fattori genetici, ma i risultati non sono stati conclusivi.

Contrariamente alle ipotesi iniziali, il VO2max degli atleti keniani non risulta superiore a quello di atleti europei: Saltin (1995a) ha dimostrato che i valori registrati in atleti keniani (78–84 ml/kg/min) e scandinavi (76–82 ml/kg/min) sono sovrapponibili. La differenza risiede nella capacità dei keniani di sostenere una percentuale più elevata del VO2max per tempi prolungati (Billat et al., 2003; Bosch et al., 1990).

Un altro fattore determinante è l’economia di corsa, favorita dalla particolare costituzione corporea: bassa percentuale di grasso e arti inferiori leggeri, soprattutto a livello del polpaccio (Saltin et al., 1995b). Ciò consente un risparmio energetico medio dell’1% ogni 50 grammi di peso corporeo in meno, fino all’8% durante accelerazioni e decelerazioni.

Inoltre, la migliore ossidazione lipidica dei keniani consente loro di preservare il glicogeno durante le gare di lunga durata, aumentando così l’efficienza prestativa.

Non va trascurato il ruolo della corsa a piedi nudi in età giovanile, che migliora la propriocezione, il ciclo allungamento-accorciamento, riduce il costo energetico e previene gli infortuni. Anche l’esposizione all’altitudine (1600–2000 m) fin dalla nascita potrebbe contribuire agli adattamenti favorevoli alla resistenza.

Altrettanto importanti sono i fattori di tipo ambientale e culturale. In Kenya la corsa rappresenta un’opportunità di riscatto sociale e benessere economico, motivando migliaia di giovani. L’apprendistato motorio inizia precocemente: a sette anni, i bambini percorrono già una dozzina di chilometri al giorno; a 15 anni, anche 100 km a settimana (Saltin, 1995a).

Il volume settimanale d’allenamento dei keniani può superare i 200 km, spesso suddivisi in tre sessioni giornaliere (6:00, 10:00, 16:00). Noakes (1998) osserva che il 36% dell’allenamento degli atleti africani avviene oltre l’87% della frequenza cardiaca massima, contro il 14% degli atleti bianchi.

Il recupero, ottimizzato nei training camp, gioca un ruolo cruciale. In questi contesti, privi di distrazioni, si sviluppano disciplina, mentalità vincente e spirito emulativo. Il medico sportivo Gabriele Rosa ha sottolineato l’importanza di tali ambienti nel successo degli atleti keniani.

In conclusione, la presunta superiorità genetica degli atleti della Rift Valley non è confermata scientificamente. I fattori chiave sembrano essere ambientali, culturali e metodologici: carichi precoci, allenamento intensivo e motivazioni sociali giocano un ruolo determinante (Tam et al., 2012; Foster et al., 2013).

 

Bibliografia

  • Billat et al. Training and bioenergetic characteristics in elite male and female Kenyan runners, Med Sci Sports Exerc., 35(2):297-304, 2003;
  • Bosch AN., Andrew, Goslin BR., Noakes TD., Dennis SC., Physiological differences between black and white runners during a treadmill marathon, Eur J App Physiol Occup Physiol, 61(1-2):68-72,1990;
  • Foster et al., Pulmonary mechanics and gas exchange during exercise in kenyan distance runners, Med Sci Sports Exerc. 46(4): 702-710, 2014;
  • Noakes TD.,. Why do africans run so swiftly? A research challenge for african scientists, South African Journal of Science,1998;
  • Rosa G., Correre la vita, sulla storia della maratona contemporanea, Il Melangolo, 2014;
  • Saltin B. e al., Aerobic exercise capacity at sea level and altitude in Kenyan boys, junior and senior runners compared with Scadinavian runners, Scand J Med Sci Sport, 5(4):209-21, 1995;
    Saltin B. e al., Morphology, enzyme activities and buffer capacity in leg muscles of Kenyan and Scandinavian runners, Scand J Med Sci Sport, 5(4):222-30, 1995;
  • Tam E., Rossi H., Moia C., Berardelli C., Rosa G., Capelli C., Ferretti G., Energetics of running in top-level marathon runners from Kenya, Eur J Appl Physiol., 112(11):3797-806, 2012.